Stop dell’Ue ai Tapas bar Champanillo Barcelona, che in spagnolo significherebbe “Piccolo Champagne”. La Corte di giustizia europea ha vietato l’utilizzo di tale nome, costringendo la catena di locali della Catalogna a un cambio di rotta nel proprio marketing.
La sentenza è arrivata dopo il ricorso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di Champagne. La grafica degli Champanillo, del resto, non lasciava spazio ad ulteriori interpretazioni: due coppe riempite di una bevanda spumeggiante, seppur di colore rosso.
LA SENTENZA UE FERMA I TAPAS BAR CHAMPANILLO
La diatriba è finita dalla magistratura iberica fino alla Corte di giustizia europea, chiamata a chiarire i confini del diritto dell’Unione in materia di protezione dei prodotti Dop. Il termine Champanillo, distorto da “Champagne”, era nello specifico utilizzato «in ambito commerciale, per designare non già prodotti ma servizi» dei locali di Barcellona, Calella, Cardedeu e Mollet.
Il regolamento comunitario protegge le Dop (Denominazioni di origine protetta) da condotte relative sia a prodotti che a servizi. Determinante per la sentenza l’utilizzo illegittimo di un termine, Champanillo, che induce i consumatori a pensare alla Dop Champagne.
Sempre secondo la Corte di giustizia Ue, «non è necessario che il prodotto protetto dalla denominazione e il prodotto o il servizio contestati siano identici o simili, poiché l’esistenza del nesso tra il falso e l’autentico può derivare anche dall’affinità fonetica e visiva».
STOP ALLO CHAMPANILLO: ESULTA COLDIRETTI
Lo stop al nome truffa fa esultare Coldiretti, in Italia. La confederazione parla di «sentenza storica per il nostro paese, leader europeo nelle denominazioni di origine con 316 Dop, Igp e Stg che sviluppano un valore della produzione di 16,9 miliardi di euro e un export da 9,5 miliardi di euro con il contributo di oltre 180 mila operatori».
Così il presidente Coldiretti, Ettore Prandini: «Il nostro patrimonio è sotto attacco del falso Made in Italy che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia, per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale».
«Se è illegittimo usare un nome o un segno che evocano, anche storpiandolo, un prodotto a denominazione di origine – aggiunge Prandini – la sentenza della Corte Ue può essere applicata anche alle tante imitazioni di Dop italiane. A partire dal vino Prosecco, vittima negli ultimi anni di un fiorente mercato del tarocco realizzate proprio richiamandone il nome per assonanza, come Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco, Whitesecco e Crisecco».
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.